Jikji: il libro stampato più antico al mondo è coreano

Il Jikji, tesoro letterario della Corea antica, rappresenta un capitolo cruciale nella storia dell'editoria mondiale. Stampato nel lontano 1377 a Cheongju, Corea, utilizzando caratteri mobili metallici, precede di decenni l'opera iconica di Gutenberg.



Un'antica Reliquia Letteraria

Conosciuto anche come Päk un hoa sañ čʹorok pulčo čʹikčʹi simčʹe yočōl, il Jikji si distingue come un'opera buddhista redatta dal monaco Päk un e dai suoi devoti discepoli, Seokcan e Daldam. Questo testo prezioso, essenziale per la comprensione dello zen, racchiude gli insegnamenti fondamentali di diverse opere, tra cui il Gyeongdeok jeondeungnok e il Seonmun yeomsong.


Un tesoro dell'umanità

Riconosciuto dall'UNESCO come il più antico documento al mondo stampato con caratteri mobili metallici, il Jikji rappresenta un orgoglio nazionale per la Corea del Sud, annoverato tra i suoi tesori nazionali. La sua conservazione alla Bibliothèque nationale de France (BnF) è trattata con la massima cura, consentendo l'accesso solo su autorizzazione speciale.

Che cos'è il Jikji?

Jikji è l'abbreviazione di Baegun Hwasang Chorok Buljo Jikji Simche Yojeol, che significa l'antologia di Baegun Hwasang degli insegnamenti zen dei grandi sacerdoti buddhisti.

Il Jikji, con la sua profonda comprensione degli insegnamenti buddhisti e la sua eredità storica unica, si distingue come un pilastro della cultura e della spiritualità coreane. La sua filosofia di "guardare la mente degli altri attraverso la meditazione per apprendere la mente del Buddha" riflette l'aspirazione a una maggiore saggezza e illuminazione spirituale, concetti fondamentali che continuano a ispirare sia i praticanti del buddhismo che gli studiosi del pensiero filosofico orientale.

Il Jikji spiega l'essenza degli insegnamenti buddhisti. Il suo argomento principale è il Jikji Simche, tratto da una celebre citazione del Buddha "Jikji Insim Gyeonseong Seongbul (直指人心 見性成佛)", che significa "Guardare la mente degli altri attraverso la meditazione per apprendere la mente del Buddha". In traduzione letterale, il Jikji può anche essere tradotto come "insegnare correttamente", "mente onesta" o "governare correttamente". Gli studenti stamparono il Jikji in due volumi nel tempio Heungdeoksa nella città di Cheongju, nel Chungcheongbukdo.

Con il suo status di tesoro culturale e spirituale, il Jikji continua a fungere da ponte tra passato e presente, offrendo un'opportunità unica per esplorare la ricchezza della tradizione spirituale della Corea.

Una versione xilografica del testo completo del Jikji datata 1378 e proveniente dal monastero di Ch’wi’am è conservata in Corea. L'esemplare conservato presso la BnF corrisponde invece al secondo volume del testo.

 

Caratteristiche edificanti dei patriarchi raccolte dal monaco Baegun

 

Autore

Il Jikji fu compilato dal monaco buddhista Paegun Kyŏnghan, il cui nome religioso era Kyŏnghan  e il titolo buddhista, Paegun. La biografia del Reverendo Paegun è nota a partire dal 1351, data dell'inizio del suo soggiorno di studio del Dharma nella Cina dei Yuan, all'età di 54 anni. Tornato in Koryŏ nella primavera del 1352, fu per un breve periodo il superiore dei monasteri di Anguk e Sin'gwang a Haeju (città dell'attuale provincia di Hwanghae). La sua attività si svolse durante il regno del re Kongmin regno 1351-1374) che cercò, invano, di farlo venire alla corte nel 1357. Nel 1372, soggiornando sul monte Sŏngbul (il cui sito esatto è incerto), avrebbe compilato il Jikji in due libri (o rotoli) su richiesta di uno dei suoi discepoli, il monaco Pŏmnin. Paegun morì nel monastero di Ch'wiam a Yŏju, città dell'attuale provincia di Gyeonggi nel 1374, all'età di 77 anni.

 

Un viaggio dalla Corea alla Francia

L'epopea del Jikji attraversa i secoli e i continenti, dall'acquisizione da parte del console francese Victor Collin de Plancy durante il regno del Re Gojong fino alla sua collocazione permanente alla BnF (Biblioteca Nazionale di Francia) nel 1952. Questa storia di trasmissione culturale è un testimone tangibile dell'antica connessione tra Oriente e Occidente.

Conservazione e accesso alla BnF (Biblioteca nazionale di Francia)

Conservato con grande riguardo presso la BnF con la segnatura Coréen 109 nella "Grande Réserve" del dipartimento dei Manoscritti, il Jikji è trattato con la massima cura e accessibile solo previa autorizzazione. La sua importanza storica e culturale lo rende uno dei pezzi più preziosi della collezione, testimone della ricca eredità della Corea antica.

In questo gioiello letterario si intrecciano la spiritualità, la storia e l'arte, rappresentando una testimonianza unica della ricchezza culturale della Corea antica e del suo contributo all'evoluzione della stampa nel corso dei secoli.

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